Lelio Capilupi
nacque a Mantova il 19 dicembre 1497 da Benedetto, segretario di
Isabella d'Este, e da Taddea de' Grotti. Ricevette, al pari dei fratelli
Alfonso (1500-1519), Camillo (1504-1548) e Ippolito (1511-1580)
un'accurata e solida educazione letteraria, come attestano i suoi carmi
latini ed i centoni che gli valsero le lodi dei contemporanei e dei
posteri, anche se i suoi meriti di poeta volgare hanno successivamente
oscurato, nel giudizio comune degli studiosi, la fama dell'umanista. Fu
prevalentemente uomo di corte, assai stimato dal Cardinale Ippolito d'Este
che lo volle con sè a Parigi e da Francesco I di Francia, ma nello
stesso tempo libero spirito e geloso della sua indipendenza.
Per
qualche anno fino al 1519 lo troviamo a Bologna dove il padre lo aveva
mandato a studiar legge; è probabile che in quel tempo stringesse
rapporti di amicizia con Teofilo Folengo che gli avrebbe mostrato le sue
maccheronee; nello stesso 1519 per la morte di Benedetto, dovette
tornare a Mantova per assumere, come primogenito, il governo della casa
e dell'azienda paterna. In seguito soggiornò vari anni a Roma, dove la
sua attività è provata anche da alcune lettere e da Matteo Bandello il
quale parla della presenza nella città papale di « alcuni nostri
gentiluomini mantovani molto virtuosi e gentili tra' quali Messer Lelio
ed Ippolito Capilupi fratelli».Tornato
nuovamente in patria, gli fu offerto dal duca di Mantova l'incarico di
ambasciatore in Ispagna presso Carlo V, ma preferì la vita tranquilla
di poeta e studioso dei classici alla prestigiosa e non facile missione;
nel 1552 abbiamo notizia sicura della sua presenza a Ferrara. Col
passare degli anni cresceva la sua notorietà di scrittore: l'Ariosto lo
ricordava unitamente ai fratelli in un passo dell'Orlando Furioso,
collocandolo tra i più illustri poeti della sua età; s'infittivano
pure le sue relazioni con rimatori, filosofi e dotti d'ogni parte
d'Italia ai quali indirizzava versi,
ricevendone
talvolta risposta: Francesco M. Molza, Luigi Alamanni, Bernardino
Telesio, Bernardino Rota, Bernardo Tasso ed altri men noti.
La morte lo colse a Mantova il 3 gennaio 1560; fu sepolto nel chiostro
della chiesa di San Francesco ed onorato di una iscrizione funebre
dettata da suo fratello Ippolito ed in seguito trasferita nella chiesa
di Sant'Andrea
La fama di Lelio poeta volgare e latino sopravvisse a lungo alle vicende
terrene dell'uomo. Circa venti anni dopo la sua morte così scriveva di
lui e del fratello Ippolito il ferrarese Lelio Gregorio Giraldi: «De
meis Mantuanis [...] nihil praeterea: sunt enim et plures qui in
hoc poetarum coetu digni sunt ut connumerentur, inter quos isti Laelius
et Hippolytus Capilupi fratres Mantuani, quorum cum Latina tum Hetrusca
multis luminibus ingenii tifa, sed non caestro ac stilo Vergilii ac
Petrarchae polita leguntur, quae illos non indignos demonstrant, ut
inter poetas nostrae aetatis reponantur».
Lodi che non vengono meno, ad oltre un secolo di distanza, nel Quadrio,
che fa menzione soprattutto degli ammiratissimi centoni «a' quali
ragionevolmente da il titolo di maravigliosi Niccolò Caferro, esalta
con poderose parole ampiamente Fulvio Orsino e per migliori di quanti
abbia la poesia latina li celebra Matteo Toscano».
e successivamente nel Tiraboschi, pur con qualche riserva sul valore del
centone come forma letteraria, indipendentemente dalla «rara facilità»
con cui Lelio ne compose.
Anche L. C. Volta, ammirato, ricorda del Capilupi i «centoni
virgiliani, ne' quali egli fu mirabile oltremodo, adattando i versi di
Virgilio ad argomenti di somma difficoltà, come a trattare dell'
origine de' Monaci, del loro istituto, delle cerimonie ecclesiastiche,
del morbo gallico ecc., sebbene egli abbia, per quanto sembra, ecceduti
i confini di un' onesta decenza, per cui venne tacciato a ragione che
multa scripsit, ut illa tempora ferebant, licenter» aggiungendo però, a discolpa di Lelio, che furono stampati
all'insaputa dell'autore.
La fama di Lelio quale poeta latino declina rapidamente nell'Ottocento,
come dimostrano le pagine del D'Arco nelle Notizie di Accademie ecc.,
orientate a fornire agli studiosi maggior copia di notizie inyeressanti
il poeta volgare, anche se non sono mancate agli inizi del nostro
secolo, diligenti monografie, come quella del Carpino, nella quale
l'autore s'indugia a prefernza ad illustrare la produzione latina di
Lelio e dei fratelli.
(da: Lelio Capilupi, RIME, secondo l'edizione di Francesco
Osanna, Mantova 1585 - Ristampa del Circolo Bibliofilo Mantovano a cura
di Gian Carlo D'Adamo - Editoriale Padus, Mantova 1973)
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