Lelio Capilupi
poeta mantovano
Mantova, 19 dicembre 1497 - 3 gennaio 1560


Quadreria dell'Università di Bologna
La Quadreria dell'Università di Bologna è composta da più di 700 opere, conservate nelle sale di Palazzo Poggi  in via Zamboni, sede del Rettorato, della Biblioteca Universitaria e dei Musei.

Titolo: CAPILUPI  LELIO Misure: 66X51 (76X63)
Autore: ? N°  inventario: QUA 82
Data: XVII sec. Collocazione: Rettorato. Sala del Consiglio.
Tecnica: Olio su tela. Provenienza: Eredità Monti 1754.


Lelio Capilupi nacque a Mantova il 19 dicembre 1497 da Benedetto, segretario di Isabella d'Este, e da Taddea de' Grotti. Ricevette, al pari dei fratelli Alfonso (1500-1519), Camillo (1504-1548) e Ippolito (1511-1580) un'accurata e solida educazione letteraria, come attestano i suoi carmi latini ed i centoni che gli valsero le lodi dei contemporanei e dei posteri, anche se i suoi meriti di poeta volgare hanno successivamente oscurato, nel giudizio comune degli studiosi, la fama dell'umanista. Fu prevalentemente uomo di corte, assai stimato dal Cardinale Ippolito d'Este che lo volle con sè a Parigi e da Francesco I di Francia, ma nello stesso tempo libero spirito e geloso della sua indipendenza.
Per qualche anno fino al 1519 lo troviamo a Bologna dove il padre lo aveva mandato a studiar legge; è probabile che in quel tempo stringesse rapporti di amicizia con Teofilo Folengo che gli avrebbe mostrato le sue maccheronee; nello stesso 1519 per la morte di Benedetto, dovette tornare a Mantova per assumere, come primogenito, il governo della casa e dell'azienda paterna. In seguito soggiornò vari anni a Roma, dove la sua attività è provata anche da alcune lettere e da Matteo Bandello il quale parla della presenza nella città papale di « alcuni nostri gentiluomini mantovani molto virtuosi e gentili tra' quali Messer Lelio ed Ippolito Capilupi fratelli».
Tornato nuovamente in patria, gli fu offerto dal duca di Mantova l'incarico di ambasciatore in Ispagna presso Carlo V, ma preferì la vita tranquilla di poeta e studioso dei classici alla prestigiosa e non facile missione; nel 1552 abbiamo notizia sicura della sua presenza a Ferrara. Col passare degli anni cresceva la sua notorietà di scrittore: l'Ariosto lo ricordava unitamente ai fratelli in un passo dell'Orlando Furioso, collocandolo tra i più illustri poeti della sua età; s'infittivano pure le sue relazioni con rimatori, filosofi e dotti d'ogni parte d'Italia ai quali indirizzava versi, ricevendone talvolta risposta: Francesco M. Molza, Luigi Alamanni, Bernardino Telesio, Bernardino Rota, Bernardo Tasso ed altri men noti.
La morte lo colse a Mantova il 3 gennaio 1560; fu sepolto nel chiostro della chiesa di San Francesco ed onorato di una iscrizione funebre dettata da suo fratello Ippolito ed in seguito trasferita nella chiesa di Sant'Andrea
La fama di Lelio poeta volgare e latino sopravvisse a lungo alle vicende terrene dell'uomo. Circa venti anni dopo la sua morte così scriveva di lui e del fratello Ippolito il ferrarese Lelio Gregorio Giraldi: «De meis Mantuanis [...] nihil praeterea: sunt enim et plures qui in hoc poetarum coetu digni sunt ut connumerentur, inter quos isti Laelius et Hippolytus Capilupi fratres Mantuani, quorum cum Latina tum Hetrusca multis luminibus ingenii tifa, sed non caestro ac stilo Vergilii ac Petrarchae polita leguntur, quae illos non indignos demonstrant, ut inter poetas nostrae aetatis reponantur». Lodi che non vengono meno, ad oltre un secolo di distanza, nel Quadrio, che fa menzione soprattutto degli ammiratissimi centoni «a' quali ragionevolmente da il titolo di maravigliosi Niccolò Caferro, esalta con poderose parole ampiamente Fulvio Orsino e per migliori di quanti abbia la poesia latina li celebra Matteo Toscano». e successivamente nel Tiraboschi, pur con qualche riserva sul valore del centone come forma letteraria, indipendentemente dalla «rara facilità» con cui Lelio ne compose.
Anche L. C. Volta, ammirato, ricorda del Capilupi i «centoni virgiliani, ne' quali egli fu mirabile oltremodo, adattando i versi di Virgilio ad argomenti di somma difficoltà, come a trattare dell' origine de' Monaci, del loro istituto, delle cerimonie ecclesiastiche, del morbo gallico ecc., sebbene egli abbia, per quanto sembra, ecceduti i confini di un' onesta decenza, per cui venne tacciato a ragione che multa scripsit, ut illa tempora ferebant, licenter» aggiungendo però, a discolpa di Lelio, che furono stampati all'insaputa dell'autore.
La fama di Lelio quale poeta latino declina rapidamente nell'Ottocento, come dimostrano le pagine del D'Arco nelle Notizie di Accademie ecc., orientate a fornire agli studiosi maggior copia di notizie inyeressanti il poeta volgare, anche se non sono mancate agli inizi del nostro secolo, diligenti monografie, come quella del Carpino, nella quale l'autore s'indugia a prefernza ad illustrare la produzione latina di Lelio e dei fratelli.


(da: Lelio Capilupi, RIME, secondo l'edizione di Francesco Osanna, Mantova 1585 - Ristampa del Circolo Bibliofilo Mantovano a cura di Gian Carlo D'Adamo - Editoriale Padus, Mantova 1973)

CURIOSITA'
LE CAMICIE DI LELIO
(trasmissione radiofonica di RadioBase del 20.11.2010)

 

 

 

 

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Brandeis University Libraries - Collection of Early Music Imprints, 1501-1650

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