La coralità
amatoriale e la sua registrazione,
di Antonio
Cenciarelli >>>
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Articolo
tratto dalla rivista “CHORALiter”
n. 12 - 2003
La
tradizione di unirsi per cantare in coro è una delle forme più antiche
di socializzazione della storia dell’uomo. Forma di espressività di
elevata valenza umana e sociale, pratica esecutiva comune a tutte le
civiltà, dai tempi più remoti, la sua storia e le sue forme coincidono
in gran parte con quelle della musica stessa in genere. Fin dai tempi più
antichi la pratica corale ha risposto a una funzione sociale, specie nella
musica popolare, come pratica integrante i vari atti e momenti, di
carattere religioso, civile, militare della vita di una comunità o come
modo di intrattenimento collettivo e di partecipazione della collettività
ai fatti d’importanza decisiva nell’esistenza di un individuo.
Molte civiltà conoscono anche gruppi di esecutori specializzati, istruiti
per volere dell’autorità religiosa, civile o militare e destinati a
svolgere funzioni corrispondenti. Tuttavia tra il XII e il XIII sec.
cominciarono a sorgere i primi tipi di libere associazioni corali, di
cui offrono esempio le confraternite laiche dei laudesi, che cantavano
lodi alla Vergine dopo le funzioni religiose; tali associazioni conobbero
grande sviluppo in tempi moderni col fiorire di società corali, per lo più
alimentate da dilettanti, in tutti i paesi di cultura europea,
specialmente tedeschi e anglosassoni.
Nato come forma quindi di socializzazione e fidelizzazione nelle varie
comunità umane, il cantare in coro è stata innanzi tutto una forma di
espressione musicale di natura estemporanea, solo in seguito codificata
professionalmente. Per secoli, tuttavia, così come ancora oggi, il
cantare in coro ha trovato la sua massima espressione tra le varie forme
del volontariato culturale, come qualificazione del tempo libero di
appassionati ed amatori della musica.
Queste
forme di coralità così detta “amatoriale” o “dilettante”, sono
la vera grande ricchezza del patrimonio musicale vocale.
Spesso proprio le formazioni corali amatoriali hanno alimentato la
creazione di nuovi repertori, come ancora di più la riscoperta e
rivalutazione di forme musicali, opere dimenticate, oltre a mantenere vive
la tradizione del folklore popolare, espressione delle singole comunità
locali.
Riteniamo
che, alla luce di quanto esposto, il termine di pratica corale
“dilettante”, che in Italia conta più di 1680 cori (associati
alla Feniarco), vada inteso nel suo significato etimologico di «dilettare,
procurare diletto, piacere, divertire», quale forma derivata dal
latino “delectare” (intens. di “delicare” «lusingare, blandire»).
Ma anche l’altrettanto frequente espressione coro “amatoriale” ha
intrinsecamente una connotazione positiva: «chi ama, è innamorato;
appassionato, intenditore; collezionista» (dal latino “amatore”).
È con questo senso che vogliamo considerare la pratica corale
“amatoriale” e “dilettante”, per l’apporto e il contributo che
resta fondamentale anche e soprattutto per la passione con cui spesso, più
delle compagini professionali, opera per la conservazione e riscoperta del
patrimonio musicale italiano. Non solo per tutta la tradizione musicale
polifonica e puramente vocale, ma anche per tutto il repertorio vocale e
strumentale, che da vita a rassegne, competizioni ed esecuzioni isolate,
spesso qualitativamente apprezzabili.
Chi
scrive ha sempre militato nella coralità, prima universitaria, poi di
formazione leggera per il doppiaggio cinematografico, oltre che nella
fondazione di cori, per approdare poi nella pratica della registrazione
per i cori professionali e per quelli di elevato dilettantismo. La
registrazione auto-prodotta (vedi articolo apparso su Suonare News, dic.
2002 pag. 12) negli ultimi anni ha sempre più interessato le formazioni
corali, come testimonianza dello scorrere delle prassi esecutive, che si
legano al repertorio, alle vocazioni musicali del direttore e
all’archivio storico. Ma il Cd auto-prodotto valorizza anche la
committenza autorevole legata agli interessi culturali dei comuni, dei
mecenati e delle associazioni musicali. Per non parlare della rilettura
didattica che confronta, conforta e condiziona la buona volontà dei
singoli coristi al cimento della coscienza corale ed artistica comune.
Il problema della registrazione si
pone invece dal punto di vista della qualità ricercata. A chi rivolgersi
per capacità, conoscenza dei generi corali, in un rapporto di regia
fonica, che non può essere disgiunta da una vera esperienza conseguita
nel tempo?
I services, che spesso si propongono o vengono contattati, registrano con
l’esperienza non della ripresa del suono, ma della diffusione e/o
amplificazione, con l’uso di microfoni insufficienti, perché non
professionali per il compito precipuo della registrazione. I microfoni per
la ripresa della coralità, infatti, necessitano di tecnologie
elettroacustiche specifiche, i cui costi spesso superano decine di
migliaia di euro. Ma ciò non basta. L’attuazione della qualità
microfonica richiede un editino particolare, con altrettanti strumenti di
qualità; equalizzazioni più che professionali con strumenti valvolari
per restituire ai 24 bit/96Khz la morbidezza ed il colore proprio della
voce umana. L’editing spesso viene tuttavia omesso ed i tagli e le
giunzioni possibili vengono il più delle volte evitati, o per incapacità
o per risparmio, costringendo in questo modo i cori a uno sforzo vocale
per le continue ripetizioni dei brani. Grave errore è affidarsi ad una
registrazione con le strumentazioni dell’home thecnology, dove un DAT e
due microfoni fanno da padroni, senza per questo spesso assicurarsi un
reale risparmio, ma sicuramente a notevole discapito della qualità.
La produzione discografica in proprio di musiche inedite corali è
motivo altamente culturale e di elevazione per un coro, e consente di far
conoscere le peculiarità delle armonizzazioni dovute al proprio maestro o
rendere note le proprie composizioni.
Spesso in coro svolge anche
ricerca musicologica: il patrimonio della musica sacra corale, immenso e
per lo più sconosciuto (depositato nelle biblioteche più famose, negli
archivi ecclesiastici o nobiliari) è spesso a disposizione di chiunque
voglia accedervi. Inoltre spesso un ensemble strumentale si affianca a un
coro preparato e raffinato nella produzione dei concerti.
Il concertismo che ne deriva amplia le opportunità espressive e di
repertorio del coro, che come fatto eccezionale è a maggior ragione degno
di una fissazione rifinita.
Le
realtà corali occasionalmente devono o possono ricorrere
all’auto-finanziamento che rende meno gravoso l’impegno economico
richiesto per la realizzazione di un Cd (autoprodurre significa infatti
anche distribuire i propri prodotti musicali nelle occasioni
concertistiche, quale contributo per il recupero delle spese sostenute) a
favore dei benefici elencati che tale prodotto assicura alla compagine
corale.
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